venerdì 28 giugno 2013

Gazeta Fjala Qershor 2013

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domenica 16 giugno 2013

Spunti riflessivi dal libro: Gesù di Nazareth di Benedetto XVI.

L'espressione «vita eterna» non significa - come pensa forse immediatamente il lettore moderno - la vita che viene dopo la morte, mentre la vita attuale e appunto passeggera e non una vita eterna. «Vita eterna» significa la vita stessa, la vita vera, che può essere vissuta anche nel tempo e che poi non viene più contestata dalla morte fisica. E ciò che interessa è abbracciare già fin d'ora «la vita», la vita vera, che non può più essere distrutta da niente e da nessuno.

La fede è più di una parola, più di un'idea: essa significa entrare in comunione con Gesù Cristo e, mediante Lui, con il padre. È il vero fondamento della comunità dei discepoli, la base per l'unita della Chiesa. Questa fede, nel suo nucleo, è «invisibile». Ma poiché i discepoli si legano all'unico Cristo, essa diventa «carne» e congiunge insieme i singoli in un vero «corpo».

Lo spezzare il pane e il distribuire - l'atto dell'attenzione amorevole per colui che ha bisogno di me - è quindi una dimensione intrinseca della stessa Eucaristia. «Caritas», la premura per l'altro, non è un secondo settore del cristianesimo accanto al culto, ma è radicata proprio in esso e ne fa parte.

Dio non può semplicemente ignorare tutta la disobbedienza degli uomini, tutto il male della storia, non può trattarlo come cosa irrilevante ed insignificante. Una tale specie di «misericordia», di «perdono incondizionato» sarebbe quella «grazia a buon mercato», contro la quale Dietrich Bonhoeffer, di fronte all'abisso del male del suo tempo, si è a ragione pronunciato. L'ingiustizia, il male come realtà non può semplicemente essere ignorato, lasciato stare. Deve essere smaltito, vinto. Solo questa è la vera misericordia. E che ora, poiché gli uomini non ne sono in grado, lo faccia Dio stesso - questa e la bontà «incondizionata» di Dio, una bontà che non può mai essere in contraddizione con la verità e la connessa giustizia. «Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso», scrive Paolo a Timoteo (2 Tim 2,13).

«Ecce homo» - questa parola acquisisce spontaneamente una profondità che va al di là del momento. In Gesù appare l'essere umano come tale. In lui si manifesta la miseria di tutti i colpiti e rovinati. Nella sua miseria si rispecchia la disumanità del potere umano, che schiaccia così l'impotente. In Lui si rispecchia ciò che chiamiamo «peccato»: ciò che l'uomo diventa quando volge le spalle a Dio e prende autonomamente in mano il governo del mondo.
Ma è vero anche l'altro aspetto: a Gesù non può essere tolta la sua intima dignità. Resta presente in Lui il Dio nascosto. Anche l'uomo percosso ed umiliato rimane immagine di Dio. Da quando Gesù si è lasciato percuotere, proprio i feriti e i percossi sono immagine del Dio che ha voluto soffrire per noi. Così, nel mezzo della sua passione, Gesù e immagine di speranza: Dio sta dalla parte dei sofferenti.
Gesù ha compiuto fino in fondo l'atto di consacrazione, la consegna sacerdotale di se stesso e del mondo a Dio (cfr Gv 17,19). Cosi risplende in questa parola il grande mistero della croce. È stata compiuta la nuova liturgia cosmica. Al posto di tutti gli altri atti cultuali subentra la croce di Gesù come l'unica vera glorificazione di Dio, nella quale Dio glorifica se stesso mediante Colui in cui Egli ci dona il suo amore e così ci attrae in alto verso di se.
I Vangeli sinottici caratterizzano la morte come evento cosmico e liturgico; il sole si oscura, il velo del tempio si squarcia in due, la terra trema, dei morti risuscitano. Più importante ancora del segno cosmico è un processo di fede: il centurione - comandante del plotone d'esecuzione - nello sconvolgimento per gli avvenimenti che vede, riconosce Gesù come Figlio di Dio: «Davvero, quest'uomo era Figlio di Dio» (Mc 15,39). Sotto la croce prende inizio la Chiesa dei pagani. A partire dalla croce, il Signore raduna gli uomini per la nuova comunità della Chiesa universale. In virtu del Figlio sofferente essi riconoscono il vero Dio.

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